La tecnica che ora descriveremo è derivazione della tecnica che fu presentata nel 1987 da un chirurgo americano di nome CHOW e che fu ripresa agli inizi degli anni 90 dalle scuole francesi di A.GILBERT e M.MERLE.
La modifica che abbiamo fatto a questa tecnica che prevedeva un accesso al polso per introdurre gli strumenti atti al trattamento endoscopico è di avere cambiato l’accesso che nella nostra tecnica è palmare alla base della terza commissura.
Infatti con una piccola incisione di 1 cm. nel palmo della mano, introduciamo nel canale una sonda che fuoriesce a livello del polso da una incisione di pochi millimetri nella quale passa una fibra ottica che trasmette la visualizzazione su di un monitor della faccia profonda del legamento retinacolare.
Sulla base di quello che vediamo sul monitor con uno strumento apposito che altro non è che un piccolo bisturi uncinato retrogrado, allarghiamo il canale sezionando selettivamente il legamento retinacolare rispettando ogni altra struttura che mai è responsabile di compressioni nervose.
Questa metodica chiamata quindi tecnica retrograda, offre molti vantaggi perché può essere eseguita in anestesia locale con pochi cc di anestetico locale trattato in maniera che non sia doloroso ed eventualmente accompagnato da una blanda sedazione del paziente, non richiede ospitalizzazione, ed è assai poco dolorosa.
Già 2-3 giorni dopo l’intervento il paziente può autonomamente togliere la medicazione e sostituirla con un cerottino sulla ferita palmare.
Non esistono tempi di immobilizzazione della mano che dovrà essere mossa immediatamente e fino dai primi giorni il paziente è libero di iniziare attività di un certo impegno quali guidare la macchina ed attendere alle faccende domestiche.
E’ chiaro che la ripresa della attività lavorativa sarà assai precoce visto che la dolenza che il paziente per qualche tempo avverte nella zona palmare è lieve ed in nessun modo interferisce con il risultato dell’intervento.
Il risultato dell’intervento è quello di abolire gia in prima giornata i fastidi e dolori notturni che causavano frequenti risvegli.
Nei casi operati tardivamente e che già presentavano alterazioni della sensibilità, il recupero di una corretta sensibilità è progressivo in quanto il nervo deformato”a clessidra” dalla stenosi del canale, progressivamente recupererà la normale dimensione essendo aumentato lo spazio della struttura che lo contiene.
Oltre ai vantaggi di un precoce ritorno alla attività lavorativa con una conseguente riduzione del costo sociale, esiste un vantaggio notevole nel recupero della forza della mano che sempre un intervento diminuisce.
Con dei semplici dinamometri abbiamo misurato la forza prensile della mano ed abbiamo notato che a 6 mesi dall’intervento la forza era tornata agli stessi livelli del preoperatorio contro una perdita media del 20% che ai 6 mesi registravamo nei casi da noi operati con tecnica classica.
A nostro avviso ciò è dovuto alla minore traumaticità della tecnica endoscopica grazie alla quale riusciamo a sezionare selettivamente il legamento retinacolare senza interessare le strutture più superficiali rispetto ad esso (inserzione dei muscoli della eminenza tenare fascia palmare e tessuto sottocutaneo).
Nessuna tecnica classica,per quanto ben eseguita, potrà essere così selettiva.
Una delle critiche più frequenti mosse a questa tecnica è l’impossibilità di eseguire l’asportazione della guaina sinoviale dei tendini flessori che una volta si eseguiva routinariamente.
Quasi tutti noi chirurghi della mano siamo oggi orientati a decomprimere il nervo mediano limitandoci alla sola retinaculotomia.
La sinoviectomia va eventualmente riservata a rari casi legati a malattie sistemiche come l’artrite reumatoide ove tuttavia l’uso dei farmaci moderni rende assai rara l’osservazione dei casi “tipici”.
Con questa tecnica, per quanto sia difficile il controllo di una così grande massa di pazienti, è nostra convinzione che siano notevolmente diminuite le recidive cioè la ripresentazione della malattia.
Infatti la minore traumaticità del gesto chirurgico,i cui tempi variano da 3 a 5 minuti, è fondamentale per il buon risultato.
Un nostro studio di alcuni anni orsono dimostrava come la maggior parte delle recidive fosse legata al formarsi di una fascia connettivale di provenienza cicatriziale tra il piano dei flessori ed il nervo mediano che spingendo questo ultimo verso l’alto causava la ricompressione.
Questa condizione non è mai stata osservata con la tecnica endoscopica.
Tuttavia nel caso di necessità di revisione chirurgica a cielo aperto, il minore trauma chirurgico dell’intervento endoscopico rende assai più agevole l’accesso in quanto sono inferiori i pericoli legati alla cicatrice chirurgica del primo intervento.
La difesa di una tecnica così raffinata è sicuramente figlia della dedizione assoluta alla chirurgia della mano.
Riteniamo che il nostro cammino sia la conseguenza naturale della ricerca della “selettività” chirurgica in una entità nosologica come la sindrome del canale carpale che rappresenta la patologia più frequente e più trattata del settore. E per questo più esposta all’errore chirurgico.
Occorre sicuramente una accurata conoscenza anatomica ed una lunga esperienza in questo tipo di chirurgia che espone al rischio di complicanze.
Varie sono le descrizioni in letteratura di lesioni nervose a questo proposito.
Segnaliamo anche nella nostra esperienza la sezione in tre casi del ramo nervoso cutaneo del nervo mediano destinato alla terza commissura avvenuta nella prima fase della curva di apprendimento e mai più ripetutasi a partire dal 1993.
La metodica endoscopica per il trattamento della sindrome del tunnel carpale secondo la nostra esperienza rappresenta un punto di arrivo e di svolta rispetto alle precedenti metodiche.
La casistica sostiene la nostra convinzione pur spingendoci a sottolineare la peculiare difficoltà a superare la prima fase della curva di apprendimento e perciò la necessità di abbracciare fideisticamente la scelta di questa metodica.